mercoledì 11 novembre 2009

Lo Straniero...


Dawn fissava inerte la sua vecchia macchina per scrivere, erano passate ormai diverse ore dall'accaduto. Un bicchiere vuoto emanava un soffuso odore di alchol: cherry, invecchiato di dieci anni, il suo preferito. La stanza era rimasta in penombra da quando era rientrata a casa, quel giorno... d'autunno. Ogni cosa era rimasta immobile, quasi a voler lottare contro l'inesorabile scorrere del tempo.
"E tu non ti dimenticherai mai di me", le parole emersero vivide e terribili dalla sua memoria. Una lacrima le scivolò lenta sulle pallide gote, andandosi ad infrangere sulle soffici labbra scarlatte.
Un sospiro. Il suo corpo cominciò a muoversi automaticamente, e lei lo lasciò fare, come succube di una coscienza arcana. Doveva analizzare la situazione a mente lucida, era una giornalista, era abituata a mantenere la propria capacità di raziocinio anche di fronte ai peggiori sconvolgienti. Così, afferrò un foglio bianco, lo inserì all'interno del rullo della macchina per scrivere e cominciò a battere furiosamente sui tasti...

Due giorni fa andai ad un funerale, il funerale di mio padre. La pioggia aveva appena smesso di cadere e nell'aria era presente un penetrante odore di terriccio bagnato. Indossavo un vestito dalle sfumature della labradorite che riprendevano perfettamente il colore dei miei occhi,e poi, mio padre adorava quel vestito, senza contare che di sicuro avrei regalato alle donne di Shadon Ville molto su cui chiacchierare per le prossime settimane. L'ultimo tributo alla memoria di mio padre. Eravamo uguali, mio padre ed io, eppure non potevo comprendere del perchè egli continuasse a vivere in quella piccola cittadina, quando sapeva perfettamente che io non avrei esitato un solo istante a portarlo con me nella grande metropoli di Neo New York, ma mio padre era come me, testardo e sempre sulle sue. Ma ben presto avrei saputo la verità. Dio quanto avrei voluto farne a meno... E poi, lo vidi.
Se ne stava immobile accanto ad un vecchio salice con il suo trench grigio ed il borsalino calato da un lato. Lui, lo straniero. Fin da piccola ero sempre rimasta affascinata dalla sua figura, appariva sempre molto stanco e annoiato dalla semplice vita di questa cittadina, eppure neanche lui seppe mai allontanarsi da Shadon Ville. Sembrava non appartenere a questo mondo, ma allo stesso tempo sembrava perdersi in esso, ed io allora non potevo sapere quanto mi stessi sbagliando. In quei giorni imparai anche a dare più peso al modo con cui venivano espresse certe parole, che alle parole stesse ed il su tenersi a distanza, ed il non soffocarmi con una valanga di inutili e solenni condoglianze mi donava uno strano senso di conforto.
Non ricordo per quanto tempo rimasi ad osservarlo, ma ho ancora negli occhi la visione nitida della bara d'ebano di mio padre che veniva ricoperta dalla terra, che affondava nel terreno e salutava la luce un ultima volta e lì, in quel preciso istante compresi che una parte di me, era rimasta chiusa in quel feretro.
Le esequie continuarono nella casa di mio padre interamente rivestita di orchidee e crisantemi bianchi. Il rinfresco era situato nella sala centrale, ma io preferii rimanere in disparte ed allontanarmi dal tutto. Mi recai nel giardino posteriore e mi sedetti su una delle vecchie altalene. Mi tolsi le mie decoltè e cominciai a dondolare avanti e indietro, avanti e indietro. Con le gambe spingevo l'aria con forza per darmi il giusto slancio, andavo sempre più veloce e sempre più in alto ed ancora più veloce. I colori del cielo argentato, della rosea villetta familiare, del prato, dei fiori e dei giochi si mescolarono tutt'insieme. Allora gettai la testa all'indietro lasciando oscillare i capelli. Avevo un senso di forte nausea che gravava sul mio stomaco, ma mi sembrava davvero di volare. Fu solo in quel piccolo ed intimo momento che mi lascia andare allo sconforto, alla nostalgia e all'affetto che nutrivo per mio padre. Non un gemito fuoriuscì dalla mia bocca, am le lacrime continuavano a sgorgare dai miei occhi come fiumi in piena. Saltai lontana dall'altalena, caddi sulle ginocchi e mi feci male, ma non me ne curai. Assente, con la lingua catturai una delle mie lacrime, "il dolore sa di amaro", pensai.

Continua...


2 commenti:

  1. È al computer o inchiostro su carta? Interessante ^^

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  2. Inchiostrato a mano, poi ho giocato con l'illuminazione e contrasto! Le foglie invece sono fatte con i pennelli di photoshop!!!XP

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